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I Bambini Sardi Non Piangono Mai.

"I bambini sardi non piangono mai" è il secondo romanzo di Matteo Locci, già vincitore del Premio Campiello Opera con il suo esordio letterario La Teologia del Cinghiale. L'autore ci riporta nell'entroterra della Sardegna, in Ogliastra, lasciando ancora una volta la parola alla voce magnetica di Gesuino Némus che ci parlerà di un omicidio, della sua infanzia e d'indipendenza.
Il romanzo si apre con il ritrovamento di un cadavere in una delle grotte vicine a Telèvras, da cui prende poi vita una storia intensa, ricca di dettagli.Un giallo che rompe gli schemi del genere e non ha paura di osare in territori che, per definizione, non dovrebbero appartenergli.

Il punto di forza del romanzo è senza dubbio il narratore: una voce ai margini della comunità, incompresa, per certi versi ingenua, ma irriverente e sagace. Gesuino Némus non è ben visto dagli abitanti di Telèvras a causa della sua infermità mentale, per questo è costretto a trascorrere il proprio tempo nella solitudine della propria casa, privo di comfort che oggi riteniamo indispensabili ( come l'elettricità) a cui però deve rinunciare, non essendo in grado di far fronte alle spese. E' un outsider in piena regola, e come tale è capace di cogliere aspetti sconosciuti di quella società che lo ha da sempre rifiutato ed etichettato come il "pazzo". Una delle prime cose che mi ha colpito, leggendo le prime pagine del romanzo, è l'utilizzo che viene fatto del dialetto sardo che spesso diventa lo strumento attraverso il quale la comunità rafforza la propria identità, enfatizzando concetti, o negando un'identità vera e propria a realtà altre, estranee alla Sardegna e all'Ogliastra, come in questo caso:

Nell'azione, al suo centro, vanno collocate le cose, se proprio ne vuole comprendere il senso. Così la pensava, o perlomeno lo faceva credere, Domenico Nasturzio, il nuovo procuratore della Repubblica venuto dal Baixica. Ormai nessuno usa più la parola "continente"; è stata sostituita con questa nuova realtà geografica: il "Vai e cerca".
«De ubi esti?[Di dov'é?]»
«Baixica! [Boh! Vai e cerca!]»E al centro dell'evento si sistemò il dottor Nasturzio. Fece bloccare l'accesso al cimitero e chiudere la strada, costringendo per qualche ora gli indigeni auto, moto e carro muniti a numeri da circo equestre per raggiungere le loro case. Il dottore ci fu, per quasi mezza giornata, molto simpatico, dato che odiamo le macchine, qui. Erviredda Bividòra, la più giovane del vicinato, con i suoi 82 anni, si prodigò addirittura per cercare notizie sulla regione di provenienza del Nasturzio. Fu sfridàda subito dalle sue amiche.

«Pagu cunfiantza, Erviré, 'ndì paridi bessiu de 'nu contu. [Poca confidenza, Elviruccia, sembra uscito da un romanzo.]»

Da ammirare anche l'abilità con la quale l'autore riesca a snocciolare la trama su due livelli temporali differenti: l'infanzia di Gesuino e il suo presente. La sua infanzia ci viene raccontata attraverso la presentazione diretta del suo manoscritto. Al lettore viene data l'illusione di ritrovarsi nei panni dell'editore di fronte a un testo sul quale ancora nessuno ha lavorato, se non che l'autore stesso. e Gesuino Némus molto spesso diventa anche la voce della solitudine degli editori e degli scrittori, raccontando le difficoltà di questo mestiere.
Infatti, l'altra caratteristica che regala un valore aggiunto al romanzo, è la sua metaletterarietà. Gesuino, infatti ci racconta delle sue letture d'infanzia (tra le quali troviamo Il Dottor Živago) e soprattutto ci parla della sua attività di scrittore. Ci racconta di come i suoi ricordi prendano la forma di una storia attraverso la sua macchina da scrivere. Egli, come gli farà notare il capitano Terrevazzi, parla con i suoi personaggi come se fossero le sue creature. Li rimprovera, li esorta a fare di più, a non piegarsi alle autorità. Gesuino Némus sembra plasmare dal nulla le figure che abitano il suo racconto, come se prendessero vita dalla sua fantasia e non dalle sue memorie; non mi stupirei laddove qualcuno dovesse intravedere nelle pagine di questo romanzo dei toni e dei modi molto vicini a quelli del postmodernismo.
Insomma, come ha detto Convenzionalisi scrive Gesuino, si legge genio.





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Laureanda in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane, probabilmente futura precaria, bookaholic, bingewatcher.

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